La Storia dell'Archivio
Le origini dell’Archivio Storico dell’Arcivescovado si fanno risalire al periodo della Contea e quindi del Regnum normanni, motivate dall’esigenza di conservare i privilegi concessi dai re e dai pontefici alla Chiesa palermitana; la raccolta di questi privilegi e concessioni, vergati in latino, greco e arabo su pergamena e carta, all’Arcivescovo pro tempore, alla Mensa Arcivescovile, al Capitolo ed alla Maramma della Cattedrale, e le rispettive conferme negli anni, costituisce il Tabulario, custodito originariamente dal Tesoriere presso la stessa Cattedrale. Ad esso si affiancarono i documenti relativi al governo ecclesiastico ed all’amministrazione finanziaria e giudiziaria dell’Arcidiocesi (in virtù dell’istituzione del Tribunale della Regia Monarchia), gli atti della Gran Corte e del Tribunale della Visita, la corrispondenza degli Arcivescovi e degli uffici della Curia.
L'Archivio odierno
L’istituzione dell’odierno Archivio Storico Diocesano (concepito come vero e proprio archivio di concentrazione, per raccogliere archivi parrocchiali ed ecclesiastici palermitani) è dovuta al Card. Ernesto Ruffini, Arcivescovo di Palermo negli anni 1945-1967, che vi fece confluire i documenti storici degli uffici della Curia, l’archivio di deposito e parte di quello corrente; negli anni ‘70 venne effettuato il versamento degli archivi parrocchiali già nelle distrutte chiese urbane di Santa Croce e Santa Margherita (successivamente anche di quelli di San Giacomo la Marina e dei Santi Giovanni Battista e Silvestro nel Castello a Mare, nonché, nel 1998, del fondo prodotto dalla Compagnia del Santissimo Rosario in Santa Cita) e l’incameramento dell’Archivio del Capitolo della Cattedrale, con il Tabulario citato e 18 codici miniati dei secoli XI-XVII.
L’ordinamento secondo il metodo storico sistematico delle unità (effettuato negli anni 1995-‘97 dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA., sez. Beni Archivistici, di Palermo, con il coordinamento di Ferdinando Maurici), il patrocinio della Provincia Regionale di Palermo e l’impegno di mons. Giuseppe Randazzo, Direttore dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici dell’Arcidiocesi, hanno permesso nel 1998 l’apertura al pubblico.